lunedì 12 agosto 2013

Documentazione Buone Prassi: Le attività dell'Associazione "Duc In Atum"

Nella fase di documentazione di Buone Prassi di inclusione sociale all'interno della provincia di Palermo, alcuni volontari partecipanti al progetto sono stati a Corleone per documentare le attività dell'Associazione "Duc in Altum". L'Associazione gestita da ragazzi organizza nei quartieri periferici di Corleone delle attività rivolte a bambini e adolescenti per tenerli impegnati in maniera costruttiva durante le vacanze estive attraverso attività ludico ricreative in gruppo. Le finalità vanno dal creare nuovi legami tra pari al metterli a confronto, ad innescare nuove occasioni di crescita personale e culturale. L'Associazione è supportata dalle attività della Parrocchia della Santissima Madonna delle Grazie e dalla missione pastorale di Fra Giuseppe Gentile che ha trasformato gli spazi parrocchiali in luoghi di aggregazione per i giovani, per gli adulti, per gli anziani e per soggetti a rischio di esclusione sociale.

martedì 6 agosto 2013

Documentazione Buone Prassi: L'Attività del D.S.S. 40 di Corleone

Nella fase di documentazione di Buone Prassi di inclusione sociale all'interno della provincia di Palermo, alcuni volontari partecipanti al progetto sono stati a Corleone per documentare le attività del Distretto Socio Sanitario 40, di cui Corleone è il Comune capofila, per ciò che concerne l'inclusione sociale e l'inserimento socio lavorativo di soggetti con disagio psichico. Per l'occasione c'è stata la possibilità di conversare con il Sindaco di Corleone, la Dott.ssa Leoluchina Savona, e una componente dello staff dell'Ufficio Settore Attività Sociali del Distretto 40, la Dott.ssa Patrizia Di Miceli.

Guarda le foto

venerdì 2 agosto 2013

Documentazione Buone Prassi: L'Attività dell'ARCI Sicilia

Nella fase di documentazione di Buone Prassi di inclusione sociale all'interno della provincia di Palermo, alcuni volontari partecipanti al progetto hanno intervistato la Dott.ssa Anna Bucca, Presidente dell'Associazione ARCI Sicilia, sulle azioni di inclusine sociale di soggetti con disagio psichico, sulle azioni di riabilitazione sociale e di inserimento sociolavorativo.

Documentazione Buone Prassi: Il Progetto Bibliotechiamo?

Nella fase di documentazione di Buone Prassi di inclusione sociale all'interno della provincia di Palermo, alcuni volontari partecipanti al progetto sono stati a Corleone per seguire il convegno di presentazione dei dati del Progetto Bibliotechiamo? I volontari hanno seguito il convegno e visitato la biblioteca comunale sita nei locali del CIDMA (Centro Internazionale Documentazione Mafia a Antimafia) dove sono conservati i faldoni del Maxiprocesso. Per l'occasione i volontari hanno intervistato la Dott.ssa Maurilia Rizzotto che si è occupata del processo di monitoraggio e valutazione del progetto.

Da chi è stato promosso il progetto?
Il progetto “BibliotechiAmo?”, è stato finanziato dalla Fondazione Vodafone Italia e dalla Fondazione per il Sud. Scaturisce dalla partnership tra la Cooperativa lavoro e non solo, il Comune di Corleone e le associazioni Arci Sicilia, Laboratorio della Legalità, Omnia Onlus, CE.RI.FO.P (Centro di Ricerca e di Formazione Professionale), Germoglio, in risposta al programma “Biblioteche e coesione sociale 2011”. 

Chi erano i destinatari?
Destinatari del progetto erano soggetti immigrati, adolescenti, giovani e adulti, in situazione di svantaggio e i cittadini del territorio corleonese e dei suoi dintorni. Durante l'arco di attuazione del progetto sono state coinvolte scuole di ogni ordine e grado, istituzioni e associazioni.

Quali sono state le azioni progettuali?
Il progetto è stato strutturato in una serie di azioni volte a valorizzare la funzione della biblioteca, potenziandone le risorse e la fruizione agli spazi, in modo particolare in orario post pomeridiano e nei fine settimana, attraverso il coinvolgimento di studenti a diversi target di età (italiani e stranieri), soggetti svantaggiati suggeriti dai servizi sociali e in modo particolare gli immigrati che vivono nel nostro territorio.

Quali erano gli obiettivi?
L'obiettivo dell'iniziativa è stato quello di promuovere il protagonismo sociale attraverso una serie di azioni svolte all'interno della biblioteca del Comune di Corleone. Il progetto, infatti, mirava a trasformare la biblioteca in un centro di aggregazione, oltre che di integrazione culturale.

giovedì 25 luglio 2013

Festa di chiusura delle attività Centro Dedalo

Nell'ambito delle attività del Progetto "The Words Found" finanziato dal programma Gioventù in Azione (Azione 1.2) i volontari per tutto il mese di giugno e luglio 2013 hanno seguito e documenteranno le attività del Centro Dedalo. I volontari sono stati a stretto contatto con l'utenza del Centro Dedalo osservando, documentando e partecipando alle attività riabilitativo risocializzanti che sono state proposte. Durante la singolare esperienza si è creato un clima di condivisione e di partecipazione tale da coinvolgere attivamente tutti gli utenti, soggetti con disagio psichico, durante le attività del progetto The Words Found.I volontari del progetto hanno proposto e partecipato ai laboratoriali sul tema dell'inclusione sociale, alle escursioni all'interno della Città di Palermo raccogliendo preziose testimonianze tra gli stessi utenti e tra i familiari. Alla fine del percorso i ragazzi del Centro assieme ai familiari e ai volontari del progetto hanno organizzato momento di incontro e di festa conclusivo.

martedì 16 luglio 2013

Documentazione Buone Prassi: La visita al Centro Diurno "Agorà"


Durante le attività di luglio del Progetto "The Words Found", finalizzate alla documentazine di Buone Prassi di inclusione sociale e riabilitazione psicosociale di soggetti in condizione di disagio psichico, una rappresentanza di volontari che partecipano al progetto ha fatto visita al Centro Diurno "Agorà" per documentare gli spazi e le attività riabilitative svolte all'interno della struttura. Per esigenze di privacy degli utenti ospitati ci è stato chiesto di limitarci a fotografare esclusivamente gli spazi e di non fare interviste alle persone che fruiscono della struttura. Per l'occasione abbiamo avuto modo di conversare e di fare alcune domande agli operatori e di intervistare il Dott. Rubino, Responsabile delCentro Diurno Agorà, che ci ha spiegato che il Centro Diurno "Agorà" è una delle Unità Operative del Modulo Dipartimentale 5. Il Modulo 5 si prende cura della popolazione residente nei quartieri Oreto-Stazione, Villagrazia-Falsomiele, Brancaccio-Ciaculli, Settecannoli e nel comune di Villabate. Le altre U.O. del Modulo sono il Centro di Salute Mentale (C.S.M.) sito all'interno dell'ex P.O. Guadagna, e la Comunità Terapeutico Assistita (C.T.A.) "Lares" di via Gaetano La Loggia.

Cos'è il Centro Diurno?
Il Centro Diurno è una struttura riabilitativa semi-residenziale che si occupa di malattie psichiche gravi e persistenti nel tempo. Ai miglioramenti che si possono ottenere con le cure mediche, infatti, la riabilitazione psichiatrica può fornire un ulteriore supporto aiutando i pazienti a mantenere o recuperare capacità quali la cura di sé stessi, il vivere armoniosamente nell'ambito familiare, l'avere amici ed interessi, il prendere iniziative e progettare adeguatamente le proprie giornate e il futuro, etc. La compromissione di queste capacità, infatti, rischia di creare una complessiva condizione di "disabilità" per cui i pazienti tenderebbero a isolarsi, a restare inattivi per gran parte della giornata, a dipendere enormemente dai loro familiari. Il Centro Diurno è, appunto, un servizio in cui, attraverso l'intervento riabilitativo, si cerca di contrastare tale disabilità.

Cosa fa il Centro Diurno ?
I pazienti che vengono "presi in carico" possono fruire di una serie di servizi e attività fra cui:
attività riabilitative
aiuto socio-assistenziale
ascolto e sostegno per la famiglia

Quali attività riabilitative vengono svolte?
Al Centro Diurno sono pianificate una serie di attività che servono ai pazienti come occasioni concrete per impegnarsi, per esprimersi, per favorire il rapporto con gli altri e con sé stessi, al fine di recuperare e sviluppare la qualità della loro vita e di integrarsi nell'ambiente sociale nel modo più attivo ed indipendente possibile. Fra le attività abilitative, ad esempio, ci sono l'esercizio fisico in palestra, il cineforum, il calcetto, il bricolage, la cucina, la lettura del giornale. Si cerca, inoltre, costantemente di creare nuove, ulteriori iniziative che possono meglio aiutare i singoli pazienti a superare le loro problematiche.

Come si accede al Centro Diurno?
Di norma l'invio è effettuato dagli operatori del C.S.M. Se essi ritengono che un paziente possa trarre beneficio dalla frequenza al Centro Diurno ci viene prima segnalato e successivamente viene concordato un primo appuntamento nel più breve tempo possibile. L'incontro tra il paziente (preferibilmente accompagnato dai familiari) e gli operatori del Centro Diurno  servirà a presentarsi reciprocamente e sarà seguito da un periodo di frequenza durante il quale si approfondirà la comprensionedelle difficoltà del paziente e delle concrete possibilità di aiutarlo. Al termine di questa fase si potrà stabilire insieme l'effettivo avvio di un programma terapeutico-riabilitativo individuale, i suoi obiettivi e le sue modalità.

Chi sono gli operatori del Centro Diurno Agorà?
Attualmente (luglio 2013) l'organico del Centro Diurno è  composto da uno Psichiatra, un Infermiere, un'Assistente Sociale, una Fisioterapista e due Operatrici Socio Sanitarie.


giovedì 11 luglio 2013

Documentazione Buone Prassi: Il Progetto Te.M.La.


Nella fase di documentazione di Buone Prassi di inclusione sociale all'interno della Città di Palermo, alcuni volontari partecipanti al progetto sono stati al convegno di presentazione del Progetto Te.M.La.
Per l'occasione sono stati intervistati la Dott.ssa Valentina Petralia, il dott. Ugo La Mantia presidente della fondazione per le Opere di Carità Rosalia Gentile, e il Presidente dell'Associazione di familiari di soggetti con disagio psichico "Meravilgiosamente".

Il Progetto Te.M.La. (Team di Mediazione al Lavoro), - finanziato con fondi del Programma Operativo Obiettivo Convergenza 2007-2013, Fondo Sociale Europeo, Regione Siciliana, Avviso n. 1 del 2011 per la realizzazione di progetti volti all’inclusione socio-lavorativa di soggetti in condizioni di disagio ed esclusione sociale (Priorità A) - ha come destinatari 18 soggetti con disagio psichico, utenti dei servizi sociali e del Modulo Dipartimentale di Salute Mentale facente capo al Distretto Socio Sanitario 42 della provincia di Palermo.
Il progetto sarà attuato dall’Associazione Porte Aperte in collaborazione con i seguenti enti partner: 
- Centro Siciliano per la Formazione Professionale CE.SI.FO.P.;
- Società Cooperativa Sociale "Immagine" Onlus; 
- lstituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza Azienda Socio Sanitaria di Assistenza alle Persone A.S.S.A.P. "Istituto Principe di Castelnuovo e Villaermosa"; 
- Fondazione per le Opere di Carità "Rosalia Gentile".
Obiettivi di sistema: Gli obiettivi di sistema del progetto sono quelli di favorire l’integrazione socio-lavorativa di soggetti in condizione di disabiltà psichica; aumentare il tasso di occupazione reale di questa particolare fascia di popolazione; sperimentare nuove prassi in modo tale da poterle replicare in altri contesti; appianare i concetti di pregiudizio nei confronti di soggetti con disabilità psichica e promuovere un collegamento stabile tra gli interventi di natura socio-assistenziale e gli interventi di politica formativa del lavoro.
Obiettivo Specifico: Attraverso l’iniziativa sarà formata la figura professionale del “Vivaista” specializzato nella coltivazione di fiori e piante ornamentali. Egli curerà e metterà a produzione orti stabili, serre, allevando e selezionando in vivai piante destinate alle coltivazioni agricole e quindi alla commercializzazione. 
Azioni Progettuali: Il progetto Te.M.La. si articola in 5 Fasi
Fase 1 – Attività d ricerca e analisi del contesto, inerenti il mondo della disabilità mentale e il settore vivaistico, con il fine di individuare possibili ambiti lavorativi compatibili con le caratteristiche degli allievi in modo tale da captare le reali esigenze del mercato del lavoro in tale settore;
Fase 2 – Attività d formazione in aula dalla durata di 900 ore. Sono previste azioni di counseling, orientamento;
Fase 3 – Attività di Work Experience dalla durata di 900 ore presso terreni apparteenti agli Enti partner (o messi a disposizione da Enti pubblici o privati attraverso la stipula di convenzioni). È prevista l’attivazione di un’area di mediazione (individuata nella funzione del Job Coaching) per facilitare il percorso di transizione verso il lavoro realizzando un legame tra le persone svantaggiate, il sistema formativo e il sistema produttivo;
Fase 4 – Attività di Start up di impresa attraverso la costituzione di una Cooperativa di tipo A e B autonoma per quegli allievi che avranno dimostrato maggiora attitudine e capacità lungo tutto il percorso progettuale. In particolare, si prevede di attivare una consulenza formativa volta a guidare gli allievi nelle diverse fasi della creazione di impresa, dal concepimento alla realizzazione del percorso imprenditoriale;
Fase 5 – Condivisione dei risultati e delle buone prassi a livello locale, regionale e nazionale.

giovedì 20 giugno 2013

Documentazione Buone Prassi: L'uscita serale in pizzeria col Centro Dedalo

Nell'ambito delle Attività del Progetto "The Words Found" finalizzate alla documentazine di Buone Prassi di inclusione sociale e riabilitazione psicosociale di soggetti in condizione di disagio psichico il gruppo dei volontari del progetto ha seguito e partecipato alla serata in pizzeria con gli operatori e gli utenti del Centro Dedalo. L'attività è parte integrante dell'articolato programma mensile di riabilitazione psicosociale proposto agli utenti all'interno del Centro Dedalo. Gli utenti, durante l'appuntemento mensile, si incontrano verso le 20,00 davanti la sede del Centro, quindi si spostano in gruppo assieme a tutti gli operatori, i volontari e i tirocinanti verso il centro della Città di Palermo. Scelta la pizzeria si cena tutti insieme, poi si va a prendere un dolce o un gelato in uno dei tanti locali della movida palermitana. 

mercoledì 19 giugno 2013

Documentazione Buone Prassi del Centro Dedalo: Il Laboratorio di Fotografia

Nell'Ambito delle Attività del Progetto "The Words Found" finalizzate alla documentazine di Buone Prassi di inclusione sociale e riabilitazione psicosociale di soggetti in condizione di disagio sichico il gruppo dei volontari del progetto ha seguito e partecipato al Laboratorio di Fotografia. L'Attività solitamente prevede un'uscita del gruppo degli utenti e degli operatori del Centro Dedalo e la visita di uno dei luoghi d'incontro della Città di Palermo (es. le piazze, i giardini comunali etc..) all'interno del quale ognuno dei partecipanti dovrà rappresentare con una foto quell'aspetto che lo ha colpito cui dovrà dare anche un titolo. Dopo che ogni partecipante ha scattato la propria foto segue un momento di gruppo dove ci si confronta rispetto ai soggetti rappresentati attraverso le foto, il perchè si è scelto quel determinato soggetto e il perchè del titolo. Infine, vengono sviluppate le foto e viene creato un cartellone contenente le foto e i riapettivi titoli. Per l'occasione è stato scelto "Il Giadino Inglese".

lunedì 17 giugno 2013

Organizzazione della redazine del TG Inclusion per il Progetto The Words Found

Durante la fase di organizzazione della redazione del TG Inclusion, all'interno del Progetto The Words Found finanziato dal programma Gioventù in Azione (Azione 1.2) il gruppo dei partecipanti si è cimentato con tutte quelle azioni di background necessarie all'organizzazione di una redazione giornalistica. Durante queste azioni c'è stata la possibilità di coinvolgere gli utenti del Centro Dedalo e di far sperimentare a tutti i partecipanti l'esperienza di strutturare, organizzare e condurre un Telegiornale. L'esperienza ha visto i partecipanti coinvolti nelle prove di lettura, di ripresa e di registrazione di una sorta di puntata di telegiornale. Durante le attività, che sono state riprese, è venuto fuori del materiale video che, montato da Gianfranco (uno dei promotori), è diventato un breve video promozionale che si è deciso di pubblicare sulla pagina Youtube dell'Associazione Porte Aperte.

Progetto The Words Found - 1° Provino TG Inclusion - Gioventù in Azione (Azione 1.2) 

Progetto The Words Found - 2° Provino TG Inclusion - Gioventù in Azione (Azione 1.2)


giovedì 6 giugno 2013

Seconda Attività di gruppo sull’Inclusione Sociale



Seconda Attività di gruppo sull’Inclusione Sociale



La seconda attività di gruppo sull'Inclusione Sociale è iniziata dopo la restituzione di Fabiana rispetto al Laboratorio ESPLORATORI SOCIALI. A seguito della restituzione il gruppo ha dialogato e riflettuto insieme sul tema dell'Inclusione assieme agli utenti con disagio psichico dell'Associazione Porte Aperte e ai volontari. Infine, c'è stato un momento esperienziale in cui ciascuno ha scelto una parola ed un colore per rappresentare l’Inclusione Sociale. Subito dopo è stata messa in scena, attraverso la rappresentazione di un monumento umano, la parola diversità.



La discussione

Dopo le parole di Fabiana, che hanno stimolato la riflessione sui temi dell’esclusione, qualcuno ha sottolineato che andavano approfonditi anche gli aspetti un po’ più negativi dello stare nella società. A tal proposito il concetto di esclusione è stato contestualizzato dal gruppo in situazioni reali derivanti dalle rispettive esperienze di vita percepite come non accoglienti, portando gli esempi del gruppo o dell’amicizia.

I ragazzi hanno avuto a disposizione uno spazio per riflettere e per guardarsi dentro oltre che per riconoscere quando hanno provato, nella loro vita, la sensazione di sentirsi esclusi.

Giusy è intervenuta subito chiedendo “Che significa esclusione?” e subito dopo ha aggiunto che ha provato la sensazione di esclusione nell’amicizia”.

Robertina ha raccontato di essersi sentita al di fuori del gruppo classe, al terzo anno di scuola. Ha detto che non era una classe molto bella, che non si sentiva “calcolata” dai compagni e che stava sempre solo con due compagni.

Roberta ha commentato che in questo caso l’esclusione era reciproca.

Giusy ha preso di nuovo la parola dicendo che durante la permanenza nella comunità di Geraci a volte ha avuto la percezione di sentirsi a esclusa, altre volte no.

Roberta l’ha invitata a raccontare della sua esperienza nella comunità terapeutica.

Giusy, dopo aver parlato di un utente della comunità, ha detto che si era trovata bene, che durante le uscite andavano a prendere il gelato e a mangiare la pizza.

Roberta allora le ha chiesto: “L’anno scorso sei tornata a casa. Che differenza c’è stata rispetto alla Comunità Terapeutica Assistita”?

Giusy ha riposto: “[…]Qualche cosa la faccio a casa. […]Lì c’erano punizioni. Invece qui mi trovo bene, c’è l’amicizia e mi trovo bene con tutti i miei familiari”.


Poi è intervenuto Marco F., aiutato da Katia, ha detto: “Durante la frequenza nell’altro centro aggregativo mi sono trovato male mi arrabbiavo spesso”. Il gruppo lo aveva fatto sentire “uno schifo”, non gli piaceva, mentre adesso all'Associazione Porte Aperte, sta meglio. Ed ha aggiunto: “Ho avuto il terrore di quel centro”.

Roberta ha commentato: “Non ti sei sentito accettato”.

A seguito di un momento di confusione Marco ha identificato in Davide un ragazzo che gli aveva “fregato la sua pizzetta”, Roberta ha spiegato che “la confusione ci può portare a percezioni sbagliate”.

Davide, tirato in gioco, ha detto che avrebbe speso poche parole.

“Il fuori ha distrutto il mio essere”, ha detto. “Persone false, problemi, amicizie brutte[…] ho passato l’inferno”.

Roberta gli ha rimandato di guardare oltre per superare i problemi, e lui ha risposto “Ci facciamo il brodo con le solite parole”.

E Roberta allora: “Anche il brodo fa sostanza, anche la sofferenza fa sostanza”.

Successivamente Roberta ha parlato del fatto che Davide si è inserito all'Associazione Porte Aperte dopo un periodo bruttissimo, ma ha subito trovato un suo posto. E ha aggiunto: “Ognuno qui ha un ruolo, è importante per il gruppo”. Ma ha sottolineato anche l’importanza di trovare un posto nella società.

E Davide ha detto: “Quando ti accetta” e Roberta: “perché non ci accetta?”

Davide ha risposto: “Alla società non interessa di te. E’ composta da un gruppo di persone che si conoscono già”.

Katia poi ha detto: “Il diverso a volte non è accettato per paura, non ci si prende la responsabilità…”

Roberta ha aggiunto: “La società ha paura di quello che porti”.

In seguito ha preso la parola Mario che inizialmente ha osservato come la parola società sia molto generica, “E’ fatta di tante cose… e ogni comunità ha bisogno che ogni individuo dia un contributo alla causa comune. Se tu non hai quello che ti chiedono… devi avere dei requisiti… allora autonomamente ti escludono”.

Poi ha parlato della sua utopia in cui ogni persona abbia una condizione economica “decente”, pur rendendosi conto che le cose non funzionano in questo modo.

Infine si è concentrato su due motivi di disagio e di esclusione nella sua storia personale, affermando: “Il fatto che non ho una religione per molti può essere un problema. Oppure il fatto di essere gay”.

Elena poi ha letto quello che aveva scritto durante la discussione. Ha detto: “Da quando faccio il volontariato ora non mi sento più messa da parte”.



L’esperienza


A seguito della discussione ogni partecipante del gruppo ha scelto una parola ed un colore per esprimere quello che ci si è portati dalle due giornate sull’inclusione sociale e ha scritto la sua parola in un cartellone chiamato “Inclusions”.

Ecco le parole di ognuno:

  • Roberta in viola DIVERSITA’;
  • Giusy in rosa FELICE;
  • Marco, aiutato da Katia, in rosa CONTENTEZZA;
  • Giovanna in rosso GIOIA;
  • Roberto in blu LIBERTA’;
  • Davide in verde GIOIA;
  • Fabiana in arancione CALORE;
  • Rita in rosso AMORE;
  • Mario in verde INCONTRO;
  • Elena in arancione ACCETTATA;
  • Andrea in viola AMORE;
  • Robertina in blu ARMONIA J;
  • Simona in lilla ENERGIA;
  • Katia in azzurro ESSENZA.

Successivamente Roberta ha chiesto ad ognuno di trovare un modo di rappresentare attraverso un monumento la propria parola.

Si è partiti dalla figura di Roberta, e poi a poco a poco ciascuno si è andato inserendo.

Nel monumento finale l’interno era molto pieno, il contatto fisico era molto ravvicinato: le mani, le braccia di tutti erano molto intrecciate. Dall’interno non si vedeva dove continuavano le braccia che si tendevano dal lato opposto. I tocchi degli altri erano affettuosi, calorosi.

Qualcuno però era rimasto più all’estremità. Io ad esempio tendevo il braccio verso Andrea che era un po’ più distante.

La scena si è conclusa dopo una fotografia finale del gruppo monumento e la comparsa di una farfallina che ha incuriosito ed entusiasmato molti e infastidito alcuni.



Riflessioni


Il tema dell’esclusione sociale, come già era emerso nell’attività precedente, è strettamente legato a quello dell’inclusione, e come è stato detto, rappresenta la parte più difficile dello stare in una società, in una comunità, in un gruppo.

Durante l’incontro è stato possibile osservare vari modi in cui questa esclusione può esprimersi. Anche qui in continuità con l’attività precedente l’esclusione può essere reciproca, quando ci si tira fuori dal gruppo comune perché a propria volta ci si è sentiti esclusi da esso, come nell’esperienza riportata da Robertina.

Vi è poi un’esclusione per la diversità o per il fatto di non rispettare le regole. Questo ogni tanto capitava a Marco Ferrara, il quale diventava oggetto di scherno o di rimprovero da parte degli altri.

L’episodio della pizzetta, in modo particolare, ha mostrato come sia difficile comprendersi quando si hanno percezioni differenti delle cose. Ma anche come questa percezione differente delle cose, soprattutto quando c’è un gruppo più ampio che sostiene l’opposto, tenda ad isolare l’altro, cosa che è emersa pure nell’esperienza della nota dissonante. Inoltre accade che il gruppo cerchi di fare rientrare la persona isolata entro i codici comuni.

Marco infatti più volte ha manifestato la sua difficoltà di stare dentro il gruppo, dentro i codici condivisi, dentro le regole. In suo supporto oltre a Roberta è intervenuta Katia, come interprete che gli ha permesso di comunicare al gruppo.

Inoltre il tema dell’esclusione è stato esplorato attraverso l’esperienza personale di ciascuno: ci si è chiesto cosa si prova a sentirsi esclusi. Marco Ferrara ha portato il suo terrore e la sua rabbia, Davide il suo inferno, la sua sofferenza, Mario la condivisione del suo disagio e la sua utopia, Elena la sua alternativa.

E’ emerso anche che sentirsi esclusi ha a che fare con il non sentirsi accettati dagli altri e di come questa non accettazione possa derivare dalla paura della diversità.

Rispetto al momento esperienziale, nel monumento, dal singolo si è passati al gruppo. Ognuno, con la sua unicità e la sua rappresentazione, si è unito all’altro, ricollegandosi alla rappresentazione portata dal Roberta. Roberta è stata la guida del gruppo. Ha posto le basi per la messa in scena nella parte esperienziale e nella discussione ha creato una linea comune, attraverso la quale era possibile comprendersi e comunicare meglio. E’ stata l’interlocutrice di ciascuno, il riferimentodi tutti.

Nel monumento non tutti occupavano il nucleo. Alcuni erano all’estremità.

Ma anche in questo caso vi sono stati tanti modi di occupare l’estremità, come nel caso di Andrea. Lui era più distante degli altri ma il contatto con lui non era interrotto.

L’estremità ha anche una funzione. Attorno al nucleo ci sono i guardiani, proteggono l’interno e hanno un contatto con l’esterno.

Questo perché, come è anche emerso nella discussione, nel gruppo, come nel tessuto sociale, ognuno ha il suo ruolo.

Alla fine il monumento è stato immortalato da una fotografia, che però non ha incluso tutti i componenti del gruppo. Infatti Mario, rendendosi conto di non comparire nella foto, lo ha fatto presente e così la foto è stata rifatta comprendendo anche lui.

Questo piccolo episodio può essere emblematico di come l’esclusione non sia sempre una condizione immodificabile, e se viene ricercato il dialogo o in generale viene fatta sentire la propria voce, questa può essere ascoltata e le cose così possono cambiare.

La comparsa della farfallina scura alla fine dell’esperienza comune mi piace leggerla per questo come simbolo delle trasformazioni e della generatività del gruppo.

lunedì 3 giugno 2013

Esploratori Sociali: Attività di gruppo sul tema dell'Inclusione Sociale"



LABORATORIO ESPLORATORI SOCIALI


Il gruppo dei partecipanti al Progetto "The Words Found", ovvero i soggetti promotori gli utenti con disagio psichico e i volontari, esplorano il concetto di “Inclusione ed Esclusione” attraverso un Laboratorio dal titolo ESPLORATORI SOCIALI. Per l'occasione il gruppo si è disposto in cerchio, ognuno dei pertecipanti a turno deve sperimentare l'esperienza di stare sia dentro sia fuori dal cerchio. La consegna è quella che il gruppo in cerchio dieve intonare una nota, mentre chi sta fuori deve intonarne una diversa. Viene inoltre chiesto di porre attenzione a cosa accade dentro noi, sia quando siamo contenuti dall’abbraccio protettivo, giocoso e gioioso del gruppo sia quando stiamo fuori da soli a cantare una nota diversa che non è ascoltata e non si sposa con l’armonia di quel  MI cantato all’unisono. 
La forza del gruppo è dirompente e non dà spazio a quell’unico usignolo che tenta timidamente o a squarcia gola di farsi notare, ascoltare, sentire.

Quando ognuno ha sperimentato sulla propria pelle le reciproche emozioni dentro e fuori dal gruppo si è data la consegna di ripensare ai vissuti relativi all'esperienza, poi in silenzio, ascoltandosi, ognuno dei partecipanti ha trasferisce su un foglio le proprie sensazioni nel sentirsi INCLUSO ed ESCLUSO.

Alla fine ogni partecipante al gruppo è stato invitato ad una condivisione di quanto scritto. Ancora una volta disposti a cerchio, rispettando le regole, ognuno ha raccontato o letto ciò che ha scritto, provando a dire anche in quali momenti e contesti si è sentito escluso o incluso in società.


Alcune delle testimonianze:

Giusy: "Mi sono sentita bene, ero contenta quando ero dentro al gruppo, fuori mi girava la testa. A me piace fare amicizia ed essere accettata e poter dire quello che penso. A me piace partecipare al Progetto The Words Found" perchè mi sto sentendo accettata, e mi sta dando la possivbilità di confrontarmi e parlare con altri ragazzi”.

Quando non vengo all'Associazione Porte Aperte Giusi si sente sola. Stare soli ci fà sentire senza confini, senza punti di riferimento la nostra società si dimentica di fornirli. Dalle riflessioni del gruppo emerge che insieme vogliamo combattere l’isolamento, vivere la nostra bella citta’/societa’ sentendoci accettati e facilitati ad essere autonomi (Es. prendendo l’autobus per andare a scuola da soli come fanno gli altri...)


Giovanna:Dentro al cerchio mi sono sentita bene, mi sono sentita protetta incontrando gli sguardi dei miei amici, questo mi ha dato gioia. Quando ero fuori dal cerchio mi sono sentita esclusa e non ascoltata

Si è rilevato che, chi stava dentro al gruppo, quando sentiva intonare la nota diversa, a chi stava  fuori, alzava la voce per coprire il suono della diversità. Ma non dimentichiamo che  il singolo può essere capace di farsi sentire urlando di più.


Davide:Mentre stavo fuori dal gruppo sentivo esclusione e abbandono totale. Dentro invece sentivo un flusso di energia positiva. Mi manca l’affetto, mi manca di essere felice. Al di fuori  mi sento spento. Voglio quella persona speciale che mi capisca!

Si amplia il concetto espresso da Davide,quando si sta fuori dal gruppo ci si sente esclusi, terrorizzati, spenti, INESISTENTI.

Il gruppo sostiene e contiene le nostre paure, i momenti di malessere individuale per evitare che il singolo nei suoi momenti di difficoltà possa andare in frantumi.


Robertina:”Fuori dal gruppo mi sono sentita esclusa, ho capito che essere esclusi ti priva della possibilità di fare nuove esperienze e nuove amicizie. Dentro al cerchio mi sono sentita accettata e cantare la stessa melodia mi ha fatto sentire quanto è bello stare insieme agli altri e socializzare con loro. Ho capito che è brutto non partecipare insieme agli altri, ma soprattutto stare in comunità con loro. Quando ci si sente esclusi non è facile socializzare perché gli altri non ti accettano


Roberto:Io all’interno del cerchio mi sentivo libero, era come se fossi in una grande famiglia, dove nessuno guarda i tuoi difetti e dove neanche osservo i loro. Quando sono stato scelto per uscire fuori dal gruppo ho sentito un senso di desolazione. Poi vorrei dire che per me venire all'Associazione Porte Aperte  è come un banco di prova, perché oltre che partecipare alle attività del Progetto "The Words Found" sto facendo un'esperienza di inserimento socio-lavorativo e quindi ho anche le mie responsabilità. Seppur a volte viene difficile reggerle io cerco sempre di sforzarmi per poter così fortificarmi

Si riflette insieme sull’importanza del lavoro che diveiene un importante mezzo per sentirci inclusi, realizzati, autonomi, responsabili.


Mario: Quando ero dentro al cerchio mi sono sentito al centro dell’attenzione e tutti erano al centro della mia attenzione. Ogni qualvolta cambiava la persona “protagonista” sentivo che anche la mia reazione e quella degli altri era diversa. Quando uno era fuori dal gruppo sentivo quasi una sensazione di fastidio. Quando c’ero io fuori sentivo di cozzare col gruppo e non riuscire a mettermi in sintonia con loro. Oltre a ciò devo però dire che essendo un gruppo in cui in realtà sono perfettamente integrato mancava in me invece una sensazione che in società provo: una forte rabbia, frustrazione, un senso di impotenza. Perciò io credo che l’esclusione porti spesso ad un atteggiamento di fuga dalle regole di un gruppo per ripicca. Nella società spesso fanno finta di prenderti in considerazione e in realtà ti escludono

Emerge dal gruppo il bisogno di crearsi punti di riferimento, quando non si trovano nel proprio contesto sociale. Inoltre emerge quanto disagio crea il non sentirsi compresi, considerati, ascoltati oltre a tutti quei sentimenti che emergono con una carica distruttiva condizionando in maniera determinante la nostra vita togliendo serenità, colore e calore.


Rita: "Dentro al cerchio mi girava la testa, mi sentivo comunque parte del gruppo perché riconoscevo i vostri visi. Quando ero fuori dal gruppo mi sentivo comunque protetta perché avevo Roberta accanto. Mi sembrava normale stare fuori dal gruppo. Il cerchio un po’ mi faceva sentire stretta e non mi permetteva di muovermi. Il mio stare male non mi permette di restare sola a casa, di poter uscire da sola perché nessuno può stare con me sempre. Mi dispiace di non poter andare a scuola da sola come fanno le mie compagne di classe e le altre ragazze. Nonostante ho tante persone che si prendono cura di me non sempre mi sento capita. Mia sorella nonostante sia più piccola viene spesso scambiata per la sorella maggiore .. e questo mi fa arrabbiare. Lei sa fare tante cose come cucinare ed io ancora no.


Angela: "Stare all’interno del cerchio mi ha fatto sentire contenta e in qualche modo protetta, come se ogni persona rappresentasse dei confini tra il mondo esterno, incerto e imprevedibile, e interno, sicuro e conosciuto. Non ho faticato a pronunciare la nota perché era uguale per tutti. Stando fuori invece sono stata costretta ad alzare la voce per contrastare quella degli altri e farmi sentire. Mi sono sentita sola, più fragile e mi sono stancata di più.


Simona: "Durante l’esperienza del gruppo cantare tutti insieme una stessa nota, mentre eravamo molto vicini l’uno con l’altro è stato molto intenso. Ho avuto la sensazione di far parte di qualcosa. Ognuno aveva il suo modo di cantarla, a volte eravamo tutti in sintonia, altre volte no, ma in ogni caso eravamo tutti insieme. Si è creata anche un po’ di confusione. Quando invece sono andata fuori dal gruppo e’ stato anche piacevole. Avevo la possibilità di  girare per la stanza e dire la mia nota. Però  mi rendevo conto che per quanto forte la potevo cantare era difficile che gli altri mi sentissero, e che gli altri erano tutti uniti, mentre io ero lì da sola


Elena: "Fuori dal Cerchio mi sentivo ansiosa. Dentro mi sono sentita un’altra ed ho capito tante cose.


Andrea: "Il gruppo mi ha fatto pensare alle persone che stanno insieme


Angelo:"Dentro al cerchio ho provato condivisione, mi sentivo mimetizzato quando ero al centro. Fuori mi sono sentito escluso e sovrastato dagli altri. La società accoglie tutti solo apparentemente, ma in realtà ci lascia spesso da soli."


Fabiana: "Stare dentro al cerchio e’ stato divertente, mi ha fatto sentire protetta, sicura, ben voluta ed utile al gruppo. Incontrare lo sguardo degli altri  mi ha fatto sentire riconosciuta e accettata, la nota messa in suono insieme mi ha suscitato condivisione , complicità, commozione , ilarità. Stare fuori dal cerchio mi ha fatto sentire sola, senza allegria, emarginata, abbandonata , triste.”
 
Conclusioni
Il gruppo ha partecipato con entusiasmo a tutti i momenti del Laboratorio. Durante l’esperienza di gioco fuori e dentro al gruppo , superata la prima fase d’imbarazzo e disagio tutti hanno iniziato a sciogliersi , sorridere e divertirsi nel proprio ruolo. Ci sono stati sguardi complici, sorrisi spontanei e fragorosi che ci hanno fatto commuovere, si coglieva la fragilità di alcuni degli utenti e contemporaneamente la loro gioia nell’essere contenuti e protetti dentro al cerchio. Una felicità per la sensazione di forza acquisita attraverso il gruppo. Questo momento ha ben espresso gli effetti benefici della condivisione, della gioia, della forza e dell’allegria che può dare il sentirsi parte di un gruppo, l'essere ben integrato e accettato dal proprio contesto sociale. Durante il momento vissuto fuori dal cerchio l’espressione dei ragazzi cambiava completamente, sguardi smarriti, sorrisi spenti e disagio erano più che chiari. Successivamente il  momento di condivisone delle proprie riflessioni ha regalato anche il senso amaro del sentirsi esclusi, emarginati ed isolati. Sono state espresse le proprie difficoltà nel convivere con quel senso di sconforto e rabbia del sentirsi soli in un contesto sociale che dovrebbe facilitare, restituire dignità, offrire autonomia anche attraverso il lavoro oltre che per i servizi resi al cittadino. Si sono anche condivise le difficoltà di stare dentro ad un gruppo rispettando regole e individui,  magari poco affini al nostro modo di concepire relazioni e rapporti. Inoltre si è discusso del ruolo dell’accettazione delle diversità e di quanto queste siano ricchezza dentro e fuori dal gruppo.